mercoledì 29 aprile 2020

#STEP 12- INNOVAZIONE NEL PENSIERO MEDIEVALE E MODERNO

Pubblicando nel 1637 il "Discorso sul metodo" , Cartesio si inserisce apertamente in quel fecondo dibattito filosofico che si sviluppa nel corso del XVII secolo e che si pone alle origini della rivoluzione scientifica moderna. Condividendo tutta l'insoddisfazione di Bacone e Galilei verso la tradizione scolastica e verso la vecchia logica di derivazione aristotelica, anche Cartesio aspira dunque alla costruzione di un nuovo sapere, innovativo, che si dimostri veridico in virtù della sua applicabilità pratica. 


Cartesio aveva già affrontato il problema metodologico nell'opera giovanile intitolata "Regole per dirigere l'ingegno"; più
René Descartes (1596-1650)
sinteticamente, nel Discorso enuncia le note quattro regole del suo metodo, sulla cui base progetta ambiziosamente di definire una màthesis universalis





" Avevo studiato un po' quando ero più giovane, tra le parti della filosofia, la logica, e, tra le matematiche, l'analisi geometrica e l'algebra: tre arti o scienze, dalle quali speravo cavar qualche aiuto per il mio disegno. Ma, nell'esaminarle, mi accorsi che m'ero ingannato. I sillogismi e la maggior parte dei precetti della logica servono piuttosto a spiegare agli altri le cose che già si sanno, ovvero anche, come l'arte di Lullo, a parlare senza discernimento delle cose che uno ignora, invece d'impararle. Quella logica contiene, senza dubbio, anche precetti ottimi, verissimi, ma, mescolati con quelli, ne ha tanti altri nocivi, o per lo meno inutili, che separarli è un'impresa ardua, come quella di cavar fuori una Diana o una Minerva da un blocco di marmo neppure sbozzato. E quanto all'analisi degli antichi e all'algebra dei moderni, oltre che riguardano materie astrattissime e di poco uso in pratica, e da notare che la prima è cosi legata alla considerazione delle figure che non può esercitare l'intelligenza senza stancare molto l'immaginazione, e la seconda s'e talmente assoggettata a certe regole e a certe cifre da apparire un'arte confusa e oscura per imbarazzare l'intelligenza piuttosto che una scienza per coltivarla. 
Bisognava, dunque, che io cercassi un altro metodo, il quale, riunendo i vantaggi di questi tre, fosse esente dai loro difetti. E come la moltitudine delle leggi fornisce spesso una scusa all'ignoranza e al vizio, per cui uno Stato e tanto meglio regolato quanto meno ne ha, ma rigorosamente osservate; Cosi, invece di quel gran numero di regole di cui la logica e composta, pensai che ne avrei avuto abbastanza di queste quattro, purché prendessi la ferma e costante risoluzione di non venir meno neppure una volta alla loro osservanza.
La prima era di non accogliere mai nulla per vero che non conoscessi esser tale con evidenza: di evitare, cioè, accuratamente la precipitazione e la prevenzione; e di non comprendere nei miei giudizi nulla di più di quello che si presentava Cosi chiaramente e distintamente alla mia intelligenza da escludere ogni possibilità di dubbio. La seconda era di dividere ogni problema preso a studiare in tante parti minori, quante fosse possibile e necessario per meglio risolverlo. La terza, di condurre con ordine i miei pensieri, cominciando dagli oggetti più semplici e più facili a conoscere, per salire a poso a poco, come per gradi, sino alla conoscenza dei più complessi; e supponendo un ordine anche tra quelli di cui gli uni non precedono naturalmente gli altri. L'ultima, di far dovunque enumerazioni così complete e revisioni così generali da esser sicuro di non aver omesso nulla. 
Quelle catene di ragionamenti, lunghe, eppure semplici e facili, di cui i geometri si servono per pervenire alle loro più difficili dimostrazioni, mi diedero motivo a supporre che nello stesso modo si susseguissero tutte le cose di cui l'uomo può avere conoscenza, e che, ove si faccia attenzione di non accoglierne alcuna per vera quando non lo sia, e si osservi sempre l'ordine necessario per dedurre le une dalle altre, non ce ne fossero di Cosi lontane alle quali non si potesse arrivare, né di Cosi nascoste che non si potessero scoprire."

("Discorso sul metodo", in Opere scientifiche, a cura di E.Lojacono, UTET, Torino 1983, vol.2, pp.133-135)



Nell'intento di evidenziare i difetti delle tre scienze (logica, algebra e geometria) che più lo hanno colpito nei suoi studi giovanili, Cartesio in primo luogo osserva (come Bacone) che i
Discours de la methode
sillogismi e la maggior parte dei principi della logica tradizionale sono utili non tanto a scoprire qualcosa di nuovo, quanto a spiegare ciò che già si conosce, oppure a parlare in maniera brillante di argomenti che in realtà non si conoscono. 


Proprio a causa di questi limiti di logica tradizionale, l'impresa di separare nella logica i precetti utili a quelli inutili appare a Cartesio come un'enorme fatica. Il difetto maggiore della geometria euclidea consiste invece, oltre che nella sua astrattezza, nel suo stretto legame con le figure, che ne limita il campo di applicazione; mentre il problema dell'algebra moderna sta nell'eccessiva complessità del suo sistema notazionale, che la rende "confusa e oscura", oltre che astratta.


Cartesio intende dunque mettere a punto un metodo innovativo che sappia compendiare in sé gli aspetti positivi della logica, della geometria e dell'algebra, superandone però i limiti. E, poiché un gran numero di norme induce spesso alla poca chiarezza e, quindi, alla trasgressione, il metodo elaborato da Cartesio dovrà essere composto da poche ed essenziali regole.


La regola dell'evidenza prescrive di accettare come vere solo quelle idee che si presentino alla mente in modo chiaro e distinto. Come Cartesio spiega nei Principi della filosofia, "idea chiara" è quella presente e manifesta uno spirito attento, e "idea distinta" è quella che, essendo chiara, è separata da tutte le altre e così precisa da non contenere nient'altro all'infuori di ciò che è chiaro.

La regola dell'analisi prescrive di semplificare ciò che è complesso scomponendolo nel maggior numero possibile di elementi semplici.
La regola della sintesi prescrive di procedere in modo opposto rispetto a quanto si fa nell'analisi, ricomponendo ordinatamente (dal semplice al complesso) ciò che prima si era scomposto. 
La quarta regola prescrive l'enumerazione e la revisione, cioè di passare prudentemente in rassegna tutte le operazioni compiute nell'analisi e nella sintesi, per accertarsi di non aver omesso nulla.

Nella parte conclusiva del brano, a conferma dell'ispirazione matematico-geometrica del metodo, Cartesio ricorda le "lunghe catene di ragionamenti" della geometria euclidea,  la cui chiarezza e il cui rigore egli ritiene di poter applicare a qualunque ambito dello scibile umano, costruendo così la cosiddetta màthesis universalis capace di spiegare in maniera chiara e sistematica ogni aspetto della realtà




Fonti: https://www.liberliber.it/mediateca/libri/d/descartes/discorso_sul_metodo/pdf/descartes_discorso_sul_metodo.pdf
Libro "La ricerca del pensiero " a cura di Abbagnano e Fornero

Nessun commento:

Posta un commento

#STEP 25- SINTESI FINALE

Ed ecco che arrivata alla conclusione del corso, mi ritrovo a scrivere uno degli ultimi post del mio blog dedicato all’INNOVAZIONE. Ho cerc...